verso un'ecologia della mente
verso un'ecologia della mente
Riprendo i temi della discussione fatta in classe ieri mattina. Ci si riferiva ad un problema in primo piano oggi, riguardante non solo Vicenza ma tutto il Paese: il raddoppio della base americana chiesto dagli USA, voluto da alcune parti politiche, inviso a molti cittadini, pare la maggioranza.
Quello che si cercava di impostare era un dibattito non ideologico, non "urlato", non fondato su pregiudizi o punti di vista troppo soggettivi. Ci era sembrato che la prima cosa da fare fosse mettere in fila vantaggi e svantaggi del si e del no, sulla base di una realistica analisi della situazione che tenesse conto dell'interesse della "Res Publica".
Il tentativo era quello di riprodurre da un lato il modello dialettico appreso attraverso lo studio di Platone, e la conoscenza della pratica argomentativa in uso nelle università medievali, liberata dal peso del dogmatismo (ipse dixit) che gravava sulle stesse.
Il tutto vivificato dalla riflessione politico-filosofica di Hanna Arendt, che definisce l'uomo libero veramente solo nella dimensione della "vita activa". Che significa questo? Che il senso vero della vita umana si coglie non nel lavorare per sopravvivere, e nemmeno nell'operare e creare grandi cose da lasciare in eredità ai posteri, ma solo nell'agire politico, confrontandosi attraverso l'uso della parola, dibattendo, per poter prendere infine decisioni utili a tutta la comunità, che se per i greci aveva la dimensione della polis, per noi moderni ha un respiro assai più ampio.
Mi piacerebbe che voi tutti superaste la superficiale, banale, volgare idea della politica come "cosa sporca" di cui si impicciano gli ambiziosi, riscoprendo con Platone, la Arendt e molti altri la dimensione del vivere comune come la più propria dell'uomo, essere "plurale" per eccellenza, come dice Arendt. Ciò non significa ignorare o disprezzare l'ambito del privato, ma ricondurlo al significato suo proprio, quasi l'ombra in cui ritemprarsi dopo essersi troppo accaldati al sole. Ricordando tuttavia che che solo il nostro agire "politico" ci rende veramente uomini liberi.
Per non volare troppo alto rischiando di cadere, concludiamo con Gaber che in ultima analisi"la libertà è partecipazione"...
Pubblicato da carla poncina alle 8.26 0 commenti Link a questo post
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